Commedia in due atti tratta da “Il settimo si riposò! ” di Samy Fayad, e rielaborata da Gino Capolupo: comicità, forti caratterizzazioni, equivoci e curiosi intrecci. Questi gli elementi di ciò che diventa, in vernacolo calabrese, “Chi bella duminica”. I tipi che popolano il lavoro sono quelli classici del teatro popolare: uno stravagante vedovo di nome Pigliapoco (Antonio Orefice nell’originale), una suocera dal carattere impossibile, la sorella di lei tutta “casa e chiesa, un fratello perennemente ammalato (ai limiti dell’ipocondrìa), ma soprattutto un pericoloso bandito, appena evaso dal carcere, che sarà capace di sconvolgere la tranquilla domenica che gli si prospettava. La commedia mette in evidenza, con ironia, difetti e manie dei personaggi che accomunano un po’ tutti: l’invidia nei confronti di un collega, l’amore non corrisposto, il desiderio di una vita tranquilla e, magari, più gratificante. Ma ammonisce anche a saperci accontentare, pe rché -dice il protagonista – “al peggio non c’è mai fine…”. Una storia semplice, sul filo del paradossale, messa in scena con l’essenzialità del teatro scarpettiano per ridere con gusto, in maniera un po’ ingenua e non volgare, in omaggio ad un’antica tradizione comica.